I DIRETTORI DELLA CORALE

di Egidio Bonomi - Dal libro "La Corale di San Faustino, storia e presenza del gruppo vocale dal 1932 ad oggi" . (Gruppo Editoriale Delfo - Febbraio 2004)

Don GIACOMO VENDER e senza dubbio una delle figure più rappresentative di Don Venderquel clero bresciano che in anni difficili seppe essere libero da condizionamenti e senza tentennamenti di fronte alla strada da percorrere: quella unica e vera per un prete che è il servizio da rendere pieno a Dio e agli uomini. Don Giacomo ha riempito della sua presenza più di quarant’anni di vita bresciana. E stato via via curato, parroco, prete degli sfrattati, come si è ricordato (incidentalmente, basterà ricordare a questo proposito che per stare vicino a questi sfortunati bresciani dell’oltre Mella, dormiva nella stanza adibita a sala mortuaria), cappellano fra i soldati, ribelle per amore, ha provato il carcere perchè antifascista, e stato insegnante di religione nelle scuole superiori, si è logorato per dare una chiesa alla sua parrocchia di Santo Spirito tanto che il suo cuore, alla fine, cedette per il grande lavoro, le preoccupazioni di soddisfare quanti avevano prestato la loro opera...

Don Vender richiederebbe un volume, non e “esauribile” in brevi cenni e il suo ricordo a Brescia e ancora vivo nei moltissimi che l’hanno potuto accostare ed apprezzare. Un prete senza tentennamenti, che guardava alle anime di tutti. Singolare la sua intervista al giornalista Bruno Marini che, tra l’altro, morirà improvvisamente poche settimane dopo don Giacomo. “L’anima — confessava don Vender a Marini — non è una parola, ma una ferita. La mia ferita e l’anima, sta scritto, e tutti i corpi hanno un’anima. Questo ubriacone... questo vagabondo che si gratta... questa megera... tutti hanno un’anima. E cosi quel laicista, quel liberale, quel fascista, quel socialista, quel comunista e quest’altro che bestemmia per illudersi che Dio non c’è e quel democristo che grida a squarciagola “viva Cristo” e più grida e ancora grida solo per illudersi d’averlo in cuore. Scritte o no, queste sono le ferite di tutti i preti. Nient’altro”.

Molti gli scritti su don Giacomo, sulla sua intensità di vita fuori dai canoni e oltre le forze fisiche. Qui si vuole ricordare soprattutto il musicista sensibile, quasi in contrasto col carattere deciso, indomito, che non sono quasi mai compagni d’un artista. La sua biografia, se proprio proprio, può essere riassunta in brevissimi cenni: Nasce a Lovere il 14 aprile 1909. Varrà ricordare che Lovere e in provincia di Bergamo, ma diocesi di Brescia ecco perchè don Giacomo graviterà sulla nostra citta. E ordinato sacerdote il 21 maggio 1932. Dal giugno del 1933 al novembre del 1946 è coadiutore della parrocchia dei Santi Faustino e Giovita in Brescia. Dal 1940 al 1943 è tenente cappellano sui fronti della Croazia, della Grecia e della Francia. Dopo l’8 settembre 1943 inizia la sua partecipazione alla Resistenza. Arrestato dai tedeschi rimane in carcere dal 6 gennaio al 2 febbraio 1944. Nell’ottobre del 1944 è nuovamente arrestato e processato a Bergamo ai primi di aprile del 1945. Il 26 dello stesso mese è liberato dai partigiani bergamaschi. Dal novembre del 1946 all’ottobre del 1961 è cappellano nel quartiere degli “sfrattati”, poi responsabile della Delegazione vescovile Santo Spirito, costituita in luogo dal 19 ottobre 1961 al luglio 1964. Nel luglio di quello stesso anno la Delegazione viene eretta a parrocchia e don Vender è nominato parroco. I1 25 maggio 1969 è consacrata la chiesa di Santo Spirito, voluta con tutte 1e forze dal parroco don Vender e dalla popolazione. Muore il 28 giugno 1974 a Ceratello di Costa Volpino, vicino alla sua Lovere.

Scorrendo i molti scritti e i libri che parlano di don Giacomo Vender si coglie una stranezza: pare non vi sia alcun cenno relativo alla sua attività di direttore della Corale Faustiniana. Eppure, oltre che essene stato il fondatore, ne è stato infaticabile animatore per otto anni. Probabilmente la personalità del don Vender prete e uomo ha fatto dimenticare la delicatezza d’animo del don Vender musicista. Aveva studiato musica in seminario e poi come autodidatta. Quando giunge in San Faustino e monsignor Luigi Gheda gli affida il compito di allestire una corale sprigiona tutta la sua autenticità e ricchezza interiore anche in fatto di musica. Educate le voci, assemblarle, metterle in armonia è esercizio celestiale, educazione raffinata al meglio interiore. Anche qui don Giacomo è stato maestro e guida. Chi insegna è grande, ma lo è ancor di più se continua a imparare e don Vender non chiudeva mai gli occhi e la mente, mai afflitto dalla dura realtà, sempre alimentato (e alimentatore) di speranza. Anche in musica ha trasfuso bellezza e ha seminato talmente con cura che i flutti non hanno atteso primavere per offrirsi.

Il maestro GIULIO TONELLI ha preso in mano la Corale faustiniana sul far della guerra. Anni difficilissimi, magri in sè, con l’angoscia a fasciare di ruvido panno ogni bresciano, ogni italiano. Era organista consumato, diplomato al Conservatorio di Parma in organo, composizione organistica, canto corale, direzione. Un tecnico perfetto per una Corale che viveva dei momenti in cui la guerra lasciava spazio al canto d’insieme. Il suo merito e quello d’avere mantenuto il lavoro fatto con tanta dedizione da don Vender e d’averlo affinato grazie alla grande competenza e al rigore che accompagnava ogni suo gesto musicale.

Non c’è documentazione su quegli anni terribili, rimangono piccoli ricordi, soprattutto legati al fatto che, in seguito, Tonelli rimase al “servizio” della Corale, visto che per essa armonizzava brani musicali e ricavava le partiture vocali. Giulio Tonelli è stata una figura eminente per la musica sacra bresciana. Nella sua casa di via Calatafimi accoglieva decine e decine di allievi che spesso non avevano nemmeno i soldi per pagare le lezioni di piano e di organo. Venivano da tutta la provincia. Molti si sono poi diplomati al conservatorio, sono divenuti eccellenti organisti e direttori di coro a loro volta, tanto che Tonelli riuscì a riunire più di trecento coristi provenienti delle corali dei suoi ex allievi e un’orchestra consistente per un indimenticabile concerto nel Duomo di Brescia.

Gli organisti usciti dalla sua passione didattica sono centinaia. La sua opera è stata proseguita, dopo la sua morte, dal figlio Giampaolo, prematuramente scomparso. Entrambi sono stati insegnanti al Conservatorio di Brescia e Giulio ne e stato anche direttore. Per un certo periodo, negli Anni Cinquanta, Giulio Tonelli ha tenuto vivo un coro di voci femminili con il quale ha vinto prestigiosi concorsi di canto gregoriano. E stato organista della Basilica della Madonna delle Grazie e della chiesa della Pace per decenni. Concertista di vaglia, riusciva a improvvisare sull’organo per decine di minuti su un tema dato. Ha composto messe, mottetti, musiche esclusivamente sacre perchè in lui la fede si faceva musica.

Don MARIO FOCCOLI è un valtrumplino “doc”. Nato a Gardone Valtrompia nel Don Foccoli1914, era stato ordinato sacerdote nel 1937. Per vent’anni fu animatore degli oratori di Sant’Eufemia, di Sant’Elisabetta e di San Faustino. Fu parroco di Santa Maria Crocifissa di Rosa dal 1957 al 1974. A lui si deve la costruzione della chiesa in questo quartiere, come pure le strutture che l’accompagnano. Di don Foccoli si ricordano soprattutto le doti di brillantezza d’ingegno, chiarezza d’idee, capacità organizzative che lo facevano apprezzare soprattutto tra i giovani. Aveva studiato musica in seminario, come avveniva in quegli anni in cui anche nella formazione dei preti si insisteva, azione sublime — perchè fossero il più. .. possibile musicisti. E questo finì per essere un punto in più del pur ingegnoso don Foccoli. La Corale faustiniana è stata sulle sue spalle per dieci anni. Chi ha una qualche dimestichezza con l’insegnamento corale sa che si tratta d’un impegno molto pesante, per quanto esaltante, ma don Mario non si E: mai tirato indietro, men che meno nel campo della musica, proprio quella destinata a maggior gloria divina, ma anche di chi la produce e offre. Don Mario Foccoli è mono improvvisamente di infarto il 18 giugno 1974, due settimane prima della scomparsa di don Vender. Entrambi piegati dalla fatica di una vita tutta dedicata agli altri, senza drammi, senza impazienze, con incrollabile speranza. La musica come lenimento dell’anima. Propria e degli altri.

Nel 1957, quando don Mario Foccoli è chiamato a reggere le sorti della nuova parrocchia di Santa Maria Crocifissa di Rosa, la Corale faustiniana passa nella mani del maestro FRANCO BRAGA, diplomato al conservatorio di Parma. Quando accetta 1’incarico è già un affermato concertista di pianoforte assieme al maestro Pietro Zanoni, con cui costituiva un “duo” di rilievo. Braga e Zanoni avevano suonato anche per la Radio Italiana e Svizzera, in anni in cui la televisione non era ancora nata. Il “duo” si scoglie nel 1964. Braga aveva fatto pane anche del “Trio italiano” con il violinista Luscia e il clarinettista Antonioli. Anche qui concerti in tutta Italia, ma come sembra destino dei piccoli complessi, il trio si scioglie nel 1969. E stato insegnante di pianoforte al Conservatorio “Venturi” (come si chiamava allora) di Brescia, critico musicale del Giornale di Brescia, della Voce del popolo e de L’Italia. Per un certo tempo è stato maestro sostituto e direttore del coro dell’Opera di Algeri. Ha scritto una raccolta di poesie “L’anima in altalena”, per la quale ha ricevuto riconoscimenti. Molte sono le sue composizioni non soltanto per piano tra cui va segnalata la “Messa per voci sole” creata nel 1961. Anche con Franco Braga la Corale di San Faustino gode della competenza di musicista perfetto e raffinato. E, forse, proprio perchè le voci hanno sempre potuto avvalersi di veri esperti, la storia della Corale ha potuto dipanarsi e durare tanto a lungo.

A don LUIGI SALVETTI si deve la ricomposizione della Corale che, alla fine degli Anni Sessanta, si era persa nei rivolgimenti d’un tempo inquieto. Don Luigi e artista vero. Non soltanto musica, ma anche pittura. Porta una ventata nuova, eliminando dal repertorio tutto ciò che non e rigorosamente adatto a una corale intesa nel pieno senso del termine. Come ricorda Mariella Sala, don Luigi aveva una predilezione assoluta: gli autori di area tedesca, precedenti e contemporanei di Bach, una scelta piuttosto inusuale in quel tempo. Quindi molta musica di Buxtehude e Pachelbel. Il primo era preferito, tanto che lo si ritrova in molti concerti diretti da don Luigi. Della sua “passione” per le Passioni si e detto. Un lato rivelatore, sempre grazie a Mariella Sala, viene dal fatto che con forza, determinazione e capacita lavorativa non comuni traduceva in italiano i testi, preparava le parti per cantori e orchestrali, studiava anche i libretti di presentazione con una cura grafica alimentata dal suo essere pittore raffinato, di segni delicatamente forti. I1 coro, di fronte a un maestro di questa levatura, si lanciava in imprese da far tremare i polsi. Don Salvetti ha successivamente fondato il Coro di San Giorgio, con il quale ha offerto in più occasioni grande musica. Appassionatamente.

Un altro grande musicista tocca — grande fortuna, meritata — alla CoraleDonFranco faustiniana: don FRANCO TAMBALOTTI, figlio di Andrea, organista e compositore di Manerbio, quindi, per cosi dire, figlio d’arte. Don Franco e descritto come <<uomo meraviglioso e musicista di vaglia». Non ha compiuto studi regolari di musica, ma è figlio di quella lunga schiera di preti usciti da un seminario rigoroso e che poneva la musica tra le materie d’eccellenza. Aiutava don Berardi (musicista e compositore di musica sacra) quando il seminario il seminario vantava una scuola di canto eccellente. Don Tambalotti curava le voci bianche con quel sentire musicale non di molti che gli è riconosciuto e che non sempre accompagna anche quanti hanno studiato musica per molti anni. Ossia passione, amore, trasporto che ti fanno entrare nella musica per poi farla entrare nei cuori dei coristi che dirige. Attingiamo ancora dalla memoria di Mariella Sala: <<Ricordo esecuzioni mirabili, magari del tutto fuori stile, ma che mi facevano rimanere con il fiato sospeso. In particolare ricordo “Responsori della Settimana Santa”, responsori di autori della polifonia classica che don Franco interpretava come opere tardo-romantiche e che facevano davvero venire la pelle d’oca. Il coro cantava un “Plange quasi virgo”: Ululate pastores in cinere et cilicio, quia venti dies Domini, magna et amara valde (Gridate, pastori, in cenere e cilicio, perchè viene il giorno del Signore, molto grande e amaro) e un “Caligaverunt”: Videte, omnes populi, si est dolor similis sicut dolor meus (Vedete, tutte le genti, se mai vi sia un dolore simile al mio) che lasciavano ammutolita la chiesa. Don Franco li faceva cantare con tempi e sonorità filologicamente forse improbabili, forse esasperati, ma la chiesa tutta ascoltava, si commuoveva e sicuramente partecipava profondamente... io non suonavo perché sono brani a cappella e guardavo don Franco. Uno spettacolo. Settimane sante cosi non le ho pin ritrovate, ma qui bisognerebbe aprire un capitolo a parte sulla perdita della ritualità nelle cerimonie sacre». Negli anni passati sotto la direzione di don Franco Tambalotti la Corale di San Faustino ha costruito un bel repertorio, affrontando anche non pochi appuntamenti concertistici con orchestra. Molti i brani anche sciolti (Gloria, salmi corali di Antonio Vivaldi, pezzi mozartiani...), molti corali armonizzati di Johann Sebastian Bach (arrangiati anche in maniera contrappuntistica), salmi di Johannes Brahms. Si studiava parecchio, si rinnovava il repertorio, senza mai perdere di vista la finalità liturgica che un coro legato a una parrocchia deve soddisfare con le musiche “giuste” per tutte le diverse festività dell’anno.

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